MOTO MORINI HISTORY

 
 

Alfonso Morini con Giacomo Agostini e Dante Lambertini raggianti alla premiazione di una delle numerose vittorie!

 

La storia di questo glorioso marchio inizia da quella del suo fondatore, Alfonso Morini classe 1898. Sin da giovanissimo Alfonso dimostra grande passione per la meccanica e per i motori oltre ad ambizioni imprenditoriali, che lo portano, dopo una breve esperienza presso una officina di riparazioni motori, a mettersi in proprio, aprendo una piccola officina di motoriparatore. Era il 1914, e da li a poco lo scoppio della prima guerra mondiale lo costringeva però a sospendere l'attività.


Durante il conflitto Alfonso si arruola volontario, riuscendo ad entrare nell' VIII Reparto motocicli di Padova, dove può incrementare la sua esperienza lavorando su svariati modelli di motocicli italiani ed esteri. Alla fine del conflitto Alfonso Morini torna nella sua piccola officina di legno in via Selvatica a Bologna, dove riprende l'attività di motoriparatore. In quegli anni cresce in lui la voglia di progettare motociclette, dedicando il poco tempo libero e le ore notturne a questi progetti.

Alfonso Morini in gara sulla MM 125 da lui stesso realizzata.

 

Nel 1924 Alfonso inizia la sua attività di costruttore, ricevendo da Mario Mazzetti, uno dei fondatori della G.D., l'incarico di realizzare un proprio progetto di bici equipaggiata con un motore 125 c.c. a due tempi.


Una volta costruita la moto Alfonso decide anche di portarla in gara, dove al suo esordio manca la vittoria solo a causa di un banale incidente. Il debutto è comunque esaltante, e porta Mazzetti e Morini a decidere di produrre in serie la motocicletta


Nasce così il 18 Settembre 1924 la M.M., che in poco tempo acquista fama e prestigio in campo nazionale, un successo al quale certamente Alfonso Morini contribuisce in modo determinante in qualità di tecnico e pilota. Tra i successi ottenuti spiccano sei primati mondiali ottenuti al Gran Premio delle Nazioni del 1927 e il record di velocità classe 175 c.c. ad oltre 162 Km/h del 1933.

Alfonso Morini in gara sulla MM 125 da lui stesso realizzata.

 

Alla M.M. Morini trascorse tredici anni, e nel 1937 chiese di essere liquidato, ottenendo ventiquattromila lire, una scatola di compassi e una moto usata, che rivendette subito, in vista dei suoi nuovi progetti.


Con questo capitale Alfonso Morini, che negli anni trascorsi alla M.M. aveva ottenuto molte soddisfazioni, ma pochi ricavi economici, decideva di intraprendere la sua avventura imprenditoriale fondando ufficialmente la Moto Morini.

Alfonso Morini e Mario Mazzetti

 

La M.M. 175 del 1932

 

Il motocarro M 610

 

La produzione inizialmente è essenzialmente rivolta ai motocarri, veicoli che in quegli anni avevano un notevole mercato, anche per rispettare l'accordo preso con l'ex socio Mazzetti di non produrre motocicli. La sede dell'attività è in via Malvasia a Bologna, e i modelli offerti sono un motocarro da 350 c.c. ed uno da 500 c.c., entrambi a valvole laterali, i cui motori venivano anche venduti separatamente ad assemblatori di motoveicoli da trasporto.

La Morini T125 del 1946
Nel 1952 la forcella a paralleloframma e le  sospensioneposteriore a ruota guidata lasciano il posto ad una forcella telescopiaca e ad una coppia di ammortizzatori con forcellone oscillante.

 

Nel 1939 la Morini si affermò nel settore con l'M610, robusto motocarro con trasmissione a cardano, lubrificazione a carter secco e cambio separato. Ancora una volta è la guerra a fermare Alfonso, che si trova costretto a convertire la fabbrica per la costruzione bellica, cosa che continua sino al 1943, quando un bombardamento rade al suolo l'edificio di via Malvasia. Questo duro colpo economico e morale, non  frena però l'iniziativa di Alfonso, che alla fine del conflitto si rimette al lavoro, dopo aver trovato una nuova sistemazione in via Berti, ed in meno di un anno dà sfogo alla sua passione per le due ruote, mettendo in produzione la prima Moto Morini, la T125. Si tratta di una monocilindrica due tempi di 125 c.c. con cambio a tre velocità, chiaramente ispirata alla tedesca DKW molto in voga in quegli anni.

La 125 Competizione del 1948

 

Ancora una volta le capacità di Alfonso vengono alla luce, e la moto riscuote subito successo motorizzando molti italiani in quel problematico periodo. Ben presto venne affiancato un modello Sport, con struttura praticamente invariata, ma con l'incremento di potenza da 4,5 a 5,75 CV. Nel 1948 Alfonso torna nel mondo delle competizioni come costruttore, approntando un apposito modello in grado di erogare 8 CV a 7000 giri, per una massa di soli 68 Kg. Con questa moto quell'anno Raffaele Alberti si aggiudica subito il campionato italiano motoleggere, appena istituito, vincendo quattro gare su cinque, mentre Masetti vince il campionato di seconda categoria, Magi Spazzali e Lambertini ottengono rispettivamente il terzo, quinto e settimo piazzamento nel campionato di prima categoria.

La 125 Monoalbero Competizione del 1949

 

Per il 1949 è previsto l'inizio del campionato mondiale di velocità, Alfonso si mette subito al lavoro e, vista la superiorità dimostrata dalla Mondial 125 bialbero a 4 tempi durante una competizione a Monza, progetta  una 125 con albero a camme in testa comandato a catena, ispirato alle sue precedenti creazioni M.M.


Il nuovo motore in grado di erogare 12 CV a 10.000 giri,  equipaggia la nuova leggerissima moto capace di raggiungere i 140 Km/h. La ciclistica, simile a quella della precedente due tempi ha la sospensione posteriore a forcellone oscillante anziché a ruota guidata, mentre la doppia sella ha lasciato il posto ad una unica sella lunga.

Emilio Mendogni in gara sulla 125 monoalbero

 

Nel 1949 con questa moto Masetti e Magi difesero e confermarono a punteggio pieno il campionato italiano, che già apparteneva alla Morini. In campo internazionale invece le Mondial dominarono sia nel '49 che nel '50, correndo però con carenatura integrale, e riuscendo a  piazzarsi sempre davanti ai piloti Morini. Nel 1951 la squadra della Moto Morini, composta da Zinzani, Zanzi e Mendogni, fu tra le protagoniste del campionato del mondo (Luigi Zinzani giunse 2° ad Assen e 3° a Monza), ma solo nel 1952, dopo essere riusciti a ricavare 16 CV dal motore, con una punta di velocità che toccava i 160 Km/h, la Morini dimostrò il suo valore vincendo due prove del campionato mondiale e perdendone una per un soffio dopo averla dominata. Così Emilio Mendogni dovette purtroppo rinunciare al titolo di campione del Mondo.

Alcuni versioni della lunga serie dei 175 Morini

 

Per quanto riguarda la normale produzione, in quegli anni la Morini mantenne la T125 a due tempi, affiancata però nel 1953 con un nuovo modello a 4 tempi dal semplice nome: 175, capostipite di una lunga serie di motociclette che sancirono la definitiva affermazione sul mercato della casa bolognese, riscuotendo grande successo per la loro grande affidabilità. Nel 1955 si rese necessario il trasferimento nella nuova e più ampia sede di Via Bergami, per poter ampliare le capacità produttive in vista del successo del nuovo 175. Con questa nuova moto in versione sportiva, che portava il nome di Settebello la Morini fu una delle marche che guadagnò maggior fama dalle due più famose e massacranti gare di gran fondo, straordinariamente in auge a metà degli anni '50, La Milano-Taranto e il Giro Motociclistico d'Italia.

175 Tresette Sprint (1961)
Questo bell'esemplare è stato perfettamente restaurato da Mauro Gini di Guanzate.

 

175 Settebello del 1956 per gare di gran fondo

 

La stupenda Morini 175 Rebello

 

Nell'inverno del 1954 per contrastare le Mondial e le MV bialbero venne appositamente progettata una  nuova moto in grado di confrontarsi in questo tipo di gare. La Settebello era troppo vicino al modello di serie,  visto anche il nuovo regolamento italiano per le macchine sport divenuto più permissivo. Nasce così la bellissima  Morini Rebello , che presentata alla stampa nel 1955, debuttò in gara poche settimane dopo, al Giro d'Italia. Da notare che la moto era stata provata solo pochi giorni prima dell'esordio, sulla Via Persicetana. Nonostante ciò il debutto non poté essere migliore, visto che due Rebello conquistarono le prime due posizioni in classifica. Vinse Emilio Mendogni, davanti al compagno di marca Fernando Speziali detto "Stricnina".

Gildo Campana prende il via in piena notte alla Milano-Taranto del 1956. Campana si assi curerà il secondo posto dietro il compagno di marca Francesco Franceschini e davanti agli due alfieri della Morini: Giampiero Zubani ed Emilio Medogni.

 

Il Rebello fu probabilmente la motocicletta da corsa più moderna della sua generazione; innanzi tutto conciliava perfettamente il lato estetico con quello tecnico, cosa non facile neppure negli anni settanta e, inoltre riuniva in ogni parte ciclistica e meccanica quanto di più moderno l'evoluzione del motociclismo agonistico avesse creato. Grazie a questi suoi requisiti, oltre al Giro d'Italia del '55, la Morini Rebello si aggiudicò quello del '56 e la Milano-Taranto del 1955. Il suo miglior pilota fu Walter Tassinari, il quale la portò al successo anche in gare di seconda e prima categoria. Lievemente maggiorata nella cilindrata, e dotata di distribuzione bialbero anziché monoalbero "sdoppiato", la rebello creò in pista le premesse per il debutto della gloriosa e leggendaria 250.

La 175 Settebello "Aste Corte" del 1962

 

Nei primi anni sessanta un altro piccolo gioiello vide la luce; la Settebello Aste Corte, con la quale la Morini spadroneggiò nelle competizioni di categoria "Sport", riservate ai modelli derivati dalla serie, e con la quale fece le sue prime esperienze agonistiche Giacomo Agostini. Al suo esordio sulla cronoscalata Trento-Bondone del '61 Agostini terminò secondo dietro al campione in carica Attilio Damiani, mentre nel 1962 si aggiudicò il campionato nazionale nella categoria cadetti in sella alla Settebello preparata dalla Morini, ripetendosi nel 1963 con il titolo italiano juniores sia su pista che su strada.

Il Corsaro Veloce sogno dei giovani degli anni '60

 

Nel 1956 un nuovo monocilindrico 4 tempi ad aste e bilancieri da 98 c.c. prende il posto della ormai obsoleta 125 T, è lo "Sbarazzino 100", dal quale presto prenderà vita la famosa e apprezzata serie del Corsaro, destinata ad evolversi in svariati modelli sia da strada che da fuori strada, e ad ottenenere altri gloriosi risultati sportivi. La prima Corsaro 125 uscì nel 1959 come veicolo utilitario, ma già nel 1961 venne affiancata dal Corsaro Veloce, d'impostazione sportiva. Questa moto fu il sogno di moltissimi giovani negli anni 60, supportata dagli ottimi successi sportivi che la casa continuava ad ottenere nelle competizioni con la 250 GP. Non a caso la livrea della accattivante 125 riprendeva quella rosso-nera della blasonata GP, il che unito a prestazioni brillanti che la portavano a raggiungere i 118 Km/h la rendeva irresistibile!

Corsaro 125 Regolarità casa ex Giovanni Collina

 

Come accennato il Corsaro, tra le sue tante versioni, con cilindrate di 100-125-150 c.c., nel 1966 venne allestito nella versione "Regolarità casa" con cilindrate in seguito aumentate a 160 e 165 c.c. Con questo modello la Morini divenne protagonista anche nelle competizioni di regolarità, dove con il pilota collaudatore Giovanni Collina conquistò i campionati italiani nel '67 e nel 68, mentre con Franco Dall'Ara vinse la Sei Giorni Internazionale di Svezia del 1966. Questa moto raggiunse il massimo dell'evoluzione nel 1971 con l'arrivo alla Morini del giovane Ing. Franco Lambertini, da non confondere con l'omonimo Dante Lambertini, valente tecnico, da anni tra i responsabili del reparto corse, assieme a Walter Scagliarini e al mago dei motori Nerio Biavati. Lambertini  fece su questo motore le sue prime esperienze, con un inedito gruppo termico, che presto porteranno alla nascita di un nuovo pezzo della storia Morini. Però, non corriamo troppo!!

Morini 250 GP la monocilindrica più veloce del mondo!!

 

Torno un passo indietro, poiché devo ancora raccontare il periodo più esaltante nella storia delle competizioni della Moto Morini. Come accennato prima, nel '56 la Morini prese parte ad alcune competizioni della classe 250 con un Rebello maggiorato. Incoraggiata dagli ottimi risultati, nel 1958 la Morini decise di realizzare una 250 da GP, destinata a scrivere nuove pagine di gloria, e a guadagnarsi  il titolo di "Regina delle monocilindriche". Questo capolavoro di meccanica vede ancora la firma di Alfonso Morini, che assieme ai collaboratori Dante Lambertini e Nerio Biavati  si occupava personalmente del reparto corse. L'esordio al GP delle Nazioni del '58 sul velocissimo circuito monzese fu un altro successo, Emilio Mendogni e Giampiero Zubani diedero la polvere a Carlo Ubbiali che pilotava la MV Augusta campione del mondo in carica, e condussero la gara dal primo all'ultimo giro. Il nuovo motore della Morini era ancora una volta un monocilindrico 4 tempi, ma a differenza del Rebello aveva la distribuzione bialbero in testa comandata da una cascata d'ingranaggi racchiusi da un carter sul lato destro. La potenza nella prima versione era di 32 CV a 10.500 giri. Nel 1959 la Morini 250 vinse due prove nazionali a Modena e Imola, poi entrò in crisi e non fornì altri risultati per lungo tempo.

Mendogni in sella alla 250 lanciato verso la vittoria (Imola 1959)

 

Coppia d'assi: Tarquinio Provini e la 250 bialbero

 

Tarquinio Provini al Gran Premio delle Nazioni (1962)

 

Che cosa poteva essere successo? Era semplicemente finita, nella classe 250, l'era del monocilindrico, l'evoluzione della tecnica voleva ora motori almeno bicilindrici, come MV Ducati ed MZ, oppure addirittura a quattro cilindri come quelli della nuova arrivata Honda e della moderna Benelli. Dal 1959 al 1961 la Morini 250 stette a guardare le altre case darsi battaglia, senza poter competere con loro, fece qualche uscita nei mondiali guidata da Tarquinio Provini ma, pur destando meraviglia per le sue prestazioni, eccezionali per una monocilindrica, non ottenne grossi risultati. Nel 1962 Tarquinio Provini e Walter Tassinari, piloti ufficiali della monocilindrica bolognese, vivacizzarono le gare sui circuiti internazionali della riviera adriatica, alla quale partecipavano in massa tutte le squadre protagoniste del campionato del mondo. La potenza della Morini 250 quell'anno toccava i 35 CV a 10.500 giri, mentre quella delle migliori quattro cilindri Honda e Benelli superava i 40 CV. Nel 1962 Provini vinse il campionato italiano delle 250, superando nell'ultima gara di Sanremo il compagno di squadra Tassinari; questo risultato mise notevolmente in crisi i tecnici della Honda, che mai, nel mondiale, avrebbero potuto tollerare sconfitte da parte di una monocilindrica. I loro timori si dimostrarono fondati nel 1963, quando Provini, al termine del Gran Premio di Spagna, prima prova di campionato mondiale, salì sul gradino più alto del podio, dopo aver battuto il campione Jim Redman e la sua Honda 4 cilindri. La stessa cosa si verificò al GP di Germania, ad Hockenheim vinto da Provini a media record. La squadra Morini, non avendo però grandi risorse economiche, dovette rinunciare a partecipare al Tourist Trophy, mentre per contrattempi di viaggio saltò anche il GP della Germania Orientale. Nel Gran Premio del Giappone, Provini e le Morini, in testa al punteggio mondiale, furono battuti da una formidabile coalizione di squadre nipponiche, vedendo così sfumare il Titolo mondiale per due soli punti.

 

Vedi Classifica Finale del Mondiale 250-1963

 

Ascolta Provini sfrecciare con la 250 bialbero


Persa l'occasione del 1963, la Morini 250 dovette accontentarsi di continuare per lungo tempo a monopolizzare il campionato italiano di velocità. Vinse quello del 1963, con Provini, quello del '64 con Agostini e poi, dopo una pausa durata due anni, tornò a vincerlo nel 1967 con Bergamonti. Quando Alfonso Morini, dopo nove anni di vittorie nazionali ed internazionali della sua 250 monocilindrica, decise di smetterla con le corse, molte case concorrenti, che vantavano bolidi ultrapotenti e grossi capitali investiti nelle corse, tirarono un sospiro di sollievo.

 

Alcune versioni del mitico Corsarino ZZ

 

Durante gli anni '60 la Morini volle colmare la propria lacuna nel settore dei ciclomotori, vide così la luce il Corsarino. Come prima cosa bisogna dire che definire il corsarino un ciclomotore è quantomeno riduttivo, in effetti si trattava di una vera e propria motocicletta di 50 c.c. con motore   4 tempi  ad aste e bilancieri. Anche questo conferma la lungimiranza di Alfonso Morini. In quegli anni nessuno si preoccupava  del consumo e dell'inquinamento, il prezzo della benzina non era ancora molto alto, e della coscienza ambientale non se ne sentiva quasi parlare. Allora per quale motivo produrre un ciclomotore a 4 T, più costoso ed anche svantaggiato dalla legge che impone il limite a 50 c.c. certamente più favorevole al 2T ? In quegli anni non era di certo facile darsi una risposta, ma ora, dopo ben 40 anni forse una risposta riusciamo a trovarla, visto che finalmente ci si è resi conto che inquina di più un piccolo ciclomotore a 2T di un'automobile. Meglio tardi che mai ! Resta il fatto che il ciclomotore nonostante il maggior costo ebbe un buon successo restando a listino nelle versioni ZZ e Scrambler fino al 1977,e diventando ora, assieme al mitico Motom, uno dei ciclomotori più amati dagli appassionati.

 

 

 

Alcune versioni del mitico corsarino Scrambler

 

Uno dei Corsaro ufficiali oggetto delle cure di Lambertini

 

Si giunge così al 1969, anno in cui viene a mancare l'uomo che ha regalato agli appassionati grandi emozioni e piaceri durante i più gloriosi anni del motociclismo italiano, Alfonso Morini muore il 30 Giugno del 1969 all'età di 74 anni. Il colpo è forte, ma l'impresa lo assorbe bene, grazie anche alla forza della unica figlia di Alfonso, Gabriella che assume con coraggio ed impegno la direzione nel delicato periodo, portando la Morini entro pochi anni a nuovi successi commerciali. Purtroppo però, l'attività agonistica della casa bolognese resta fortemente condizionata dalla scomparsa del grande Alfonso. Determinante per il rilancio della Morini è l'arrivo, nel 1970, di un giovane ingegnere con esperienza maturata presso l'ufficio tecnico della Ferrari e con la Serenissima Automobili di Modena, ma nuovo alle problematiche delle due ruote; Franco Lambertini. Come già accennato  uno dei primi problemi affrontati da Lambertini fu la necessità di ricavare più potenza dal motore del Corsaro Regolarità casa, visto che nei primi anni '70 l'assalto della concorrenza dei motori a 2 Tempi si faceva inarginabile. I limiti, dell'architettura del motore ad aste e bilancieri ed anche economici, non permettevano grosse rivoluzioni. Lambertini sperimentò così un nuovo gruppo termico con camera di scoppio ricavata nel cielo del pistone, e testata piatta con condotti arcuati per conferire maggior turbolenza ai gas. Un accurato studio della fluidodinamica di questa soluzione (già nota in campo automobilistico come camera Heron, dal nome del tecnico che la propose nei primi anni cinquanta), permise di ricavare ottimi rendimenti. Un Corsaro equipaggiato con questa nuova soluzione partecipò alla Sei giorni Internazionale svoltasi all'isola di Man,  ma oramai l'era del quattro tempi in questo tipo di competizioni si era chiusa, anche se non per sempre come possiamo constatare oggi !!

 

Uno dei Corsaro ufficiali oggetto delle cure di Lambertini

 

Questa esperienza trovò comunque la sua utilità nel momento in cui il capace tecnico si sedette al tavolo da disegno per progettare un propulsore che avrebbe dovuto equipaggiare una nuova moto di media cilindrata, destinata al rilancio della casa negli anni in cui il mercato, dopo il trend negativo attraversato, vedeva una ottima ripresa. Le tradizioni della casa, non meno delle imposizioni del valido ragioniere Gianni Marchetti direttore amministrativo nonché vecchio amico e collaboratore di Alfonso Morini, prevedevano la realizzazione di un propulsore che fosse al tempo stesso affidabile, longevo e caratterizzato da una grande semplicità costruttiva. Inoltre il nuovo motore avrebbe anche dovuto essere in grado di fornire prestazioni elevate in rapporto alla cilindrata. Con autentica genialità il tecnico modenese pensò anche di fare della prima versione di questa unità la capostipite di una intera famiglia di motori, tanto a due che a un cilindro, realizzati in base al principio della "modularità" costruttiva. Questo avrebbe consentito di impiegare in ogni caso le stesse macchine per la lavorazione del basamento oltre che gli stessi stampi per le fusioni, e di avere un gran numero di componenti in comune, portando così ad un notevole contenimento dei costi, senza compromettere la qualità del risultato.

Uno spaccato del famoso bicilindrico

 

Originale potente e parco nei consumi !

 

La 3½ Standard del '72 e la 3½ Sport del '74

 

Vede così la luce (dopo solo otto mesi di gestazione!!) il nuovo e rivoluzionario propulsore pronto ad equipaggiare una lunghissima e svariata serie di motociclette che si faranno apprezzare in tutto il mondo per i successivi venti anni. L'architettura scelta è quella del bicilindrico a "V" longitudinale con un angolo tra i due cilindri di 72° ( non casuale, visto che trattasi dell'angolo esistente tra due cilindri adiacenti nei motori stellari a cinque cilindri!), un ottimo compromesso tra la soluzione più equilibrata a V di 90° e quella a V decisamente stretto, più favorevole in termini di ingombro. La distribuzione ad aste e bilancieri ottimamente si sposa con le valvole parallele, e nei primi anni '70, assai prima dell'affermazione definitiva delle distribuzioni a 4 valvole per cilindro, è una soluzione che permette ancora di ricavare potenze specifiche sufficienti per i motori di serie. A conferma di ciò basta ricordare che con poco più di 100 CV/litro la 350 Morini si rivelò la moto più veloce della sua categoria, rimanendo tale per svariati anni. Non è mia intenzione esporre una completa analisi di questo bel bicilindrico, che comunque vantava valide soluzioni all'avanguardia ed inusuali per l'epoca, come la cinghia per il comando della distribuzione (primo motore motociclistico al mondo ad impiegare questa soluzione) e la frizione multidisco a secco, prerogativa allora delle moto da competizione.

Nel 1976 i primi aggiornamenti alla 3½ Sport riguardano l'introduzione del freno a disco all'anteriore e la variazione della fascia nera sul serbatoio. La moto qui fotografata appartiene alla collezione dell'amico Paolo Brunet di Sirtori (LC), uno dei massimi esperti Morinisti.

 

 

 

La prima moto equipaggiata da questo propulsore ha impostazione turistica e si chiama semplicemente 3 e ½ (non celando così le sue origini emiliane!), presentata già al salone di Milano nel 1971 ed in vendita nella primavera successiva. La moto ottiene subito un buon successo di vendite, anche perché non fa rimpiangere le concorrenti di maggior cilindrata, inaccessibili per legge ai diciottenni dell'epoca.  Nel '74 viene allestita  una versione Sport della 3½, le modifiche riguardano principalmente l'impianto frenante, sella  manubrio e colorazione, mentre la sostituzione dell'albero a camme con uno dallo schema più spinto e l'innalzamento del rapporto di compressione ottenuto con nuovi pistoni, permettono al motore di passare dagli iniziali 35 a 39 CV a 8500 giri, in grado di spingere la moto fino a 171 Km/h, e di aggiudicarsi il titolo di più veloce della categoria. Questa moto è senza dubbio la più apprezzata da noi giovani dell'epoca, e da tutti coloro che ne hanno potuto provare l'inimitabile facilità di guida, unita all'ottima tenuta di strada e alla generosità del propulsore, senza dimenticare lo scarso consumo di carburante. Una moto che da' soddisfazioni sia nella guida turistica che in quella sportiva su percorsi misti, dove i buoni manici sono ancora in grado di dare la polvere alle potentissime, ma altrettanto impegnative, sportive moderne.


 

 

 

Negli anni ottanta questi due modelli hanno subito numerosi aggiornamenti, soprattutto stilistici,  cercando purtroppo di emulare le nuove tendenze del sol levante, e via via perdendo l'apprezzata e sobria linea classica italiana, ma riscuotendo in ogni caso un buon successo tra gli utenti più attenti ai contenuti che ai condizionamenti dalle mode. Sempre in questi anni il bicilindrico bolognese scopre l'ennesima carta vincente: la versatilità. Ad affiancare la linea delle stradali, nel frattempo ampliata con due monocilindriche da 125 e 250 c.c e due bicilindriche da 250 (poiché la monocilindrica, a dispetto dell'ampio utilizzo di silent-block, vibrava eccessivamente) e 500 c.c. (apprezzatissima all'estero e meno in Italia a causa dell'eccessivo peso fiscale), si decide di approntare una 500 da enduro, la Camel. Questa moto, capostipite di una lunga e fortunata serie (anche nella versione Kanguro di 350 c.c.), dimostrò ottime doti, e permise agli appassionati di emozionarsi nuovamente al suo apparire brillantemente nelle nuove e seguitissime competizioni nel deserto come la Parigi-Dakar, o alla Sei giorni dell'Isola d'Elba del 1981, dove il preparatore Valentini di Prato, riscosse un bel successo davanti alle concorrenti Honda

Camel 501 XE (1985)

 

La Camel 500 del 1981

 

Morini TT3 preparata da Dario Rey

Con questa moto G.Mazzitelli nel 1981 concluseal secondo posto il campionato nazionale TT3, confermandosi primo assoluto nella categoria 4 tempi.

Morini TT3 preparata da Bruno Ruozi

 

A tal proposito è da ricordare, come già accennato, che purtroppo l'impegno diretto della Morini nelle competizioni finì praticamente con la scomparsa di Alfonso, mentre in seguito per l'impossibilità di reggere l'enorme e crescente impegno economico necessario la casa si limitò a dare piccoli aiuti ai concessionari e preparatori che gareggiavano con i suoi mezzi, oltre al già citato Valentini ricordo Rey d'Ivrea (supporto della mia passione per questo marchio, visto che in quella cittadina ho trascorso la mia adolescenza scorrazzando prima con un Motom e poi con un Corsarino ZZ), Perfetti di Milano, Ruozi di Reggio e Fridegotto di Novara. Questi bravi preparatori hanno combattuto e spesso vinto nel campionato nazionale TT3 (per moto derivate da serie fino 400 c.c. 4T e 250 c.c. 2T), e ancora oggi la moto di Ruozi si mette in luce nelle gare riservate alle "moto classiche fino a 500 c.c. dando filo da torcere alle concorrenti quattro cilindri !!

 

Nello stesso periodo molti appassionati hanno trovato nella Morini 350 un'ottima mezzo per esordire nelle competizioni, ed in particolare nelle gare del campionato italiano di velocità in montagna (già terra di conquista delle Morini Settebello), così è stato anche per mio fratello Mauro che, come potete vedere nella foto in basso, partecipava a queste gare con una moto dalla ciclistica quasi di serie. Spesso però si trovavano mezzi ottimamente preparati, come la  TT3 curata da Luigi Pavan di Maslianico (CO), che nella foto in basso vediamo pilotata da Alberto Azzolina alla Ballabio piani Resinelli del 1980.

 

Morini TT3 preparata da Mario Perfetti

 

Alberto Azzolina Ballabio-Resinelli (1980) su Morini TT3 (preparata da Gigi Pavan di Maslianico (CO)

 

Maurizio Zucchetti in azione durante una competizione di motorally in sella alla sua "Zuk Machine"

 

Mio fratello Mauro in gara alla Ballabio-Resinelli (1983)

 

Excalibur

 

New York

 

Riprendo la narrazione sulla produzione Morini, siamo ora alla seconda metà degli anni '80, quando la Morini, sempre grazie alla versatilità del suo propulsore non ha problemi a seguire le nuove tendenze del mercato, che vede un calo nel settore enduro a favore dei modelli di stile U.S.A. conosciuti come Custom. Nasce così una nuova coppia di modelli, si tratta delle Excalibur nelle versioni 350 e 500 c.c. che diventano così le moto di punta della produzione Morini. Nel 1989 vengono poi presentate le New York sempre nelle due cilindrate, dalla linea meno estrema ma a mio parere anche più piacevole. Sempre in questi anni da un restyling delle precedenti Camel e Kanguro XE  nasce l'ultima  enduro della casa bolognese, la Coguaro che, nonostante le ottme qualità tecniche ed estetiche non ebbe una grande diffusione. Queste moto montano l'ultima evoluzione del bicilindrico bolognese, con cilindri a canna integrale trattata al nichel carburo di silicio ed un efficace motorino d'avviamento posto davanti al basamento, poiché la soluzione adottata nelle precedenti versioni, senza modificare i carter ed utilizzando l'unico pesante e poco efficace motorino d'avviamento disponibile sul nostro mercato, era critica e scarsamente efficace, tanto è vero che nella maggior parte dei casi gli utenti hanno preferito eliminare il motorino per tornare al vecchio avviamento a pedale. Questa versione del propulsore equipaggia nel 1988 anche l'ultima 350 stradale, la Dart (esportata anche nella versione da 400 c.c.) dalla linea piacevole ma impersonale, visto che la nuova proprietà Cagiva, si è limitata a montare nella ciclistica della sua 125 Freccia il nostro amato propulsore, segno di scarsa intenzione di rilanciare veramente lo storico marchio dell'aquila MotoMorini.

Coguaro 501

 

Dart

 

Il prototipo del motore approntato da Lambertini per rinnovare la gamma Morini. Nonostante le ottime qualità mostrate la proprietà Cagiva non lo prese in considerazione. Preso atto del disinteresse Lambertini non accettò di passare nell'organico Ducati mettendo le sue capacità a disposizione della Piaggio.

 

Gioiello di raffinatezza tecnica e stilistica questo prototipo 500 Turbo, nonostante le ottime qualità mostrate purtroppo non entrò mai in produzione per scelte commerciali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Siamo così arrivati al capitolo più dolente della storia, quello che vede la cessione della Morini ai fratelli Castiglioni titolari del gruppo Cagiva e già proprietari del marchio Ducati. In quegli anni il mercato delle moto attraversa un periodo di crisi, le forti e ingiustificate pressioni sindacali diventano insopportabili per Gabriella Morini che, nonostante la ditta fosse economicamente sana e dotata di forti capacità progettuali, decide a malincuore per la cessione alla Cagiva. La speranza di Gabriella Morini era di vedere così rilanciata la gloriosa casa paterna, aspettative che come ormai sappiamo sono state ampiamente disattese. Il responsabile Tecnico Franco Lambertini, nella seconda metà degli anni ottanta aveva progettato un nuovo motore, ancora una volta dall'architettura modulare con cilindrate previste di 350 500 e 750 c.c., due cilindri a V di 67° longitudinale, distribuzione monoalbero a catena con 4 valvole  per cilindro e raffreddamento a liquido  (l'albero motore aveva i perni di biella disposti in modo da farli lavorare come  un V di 90° a perno unico per ridurre al massimo le vibrazioni). Il prototipo di 720c.c. erogava 86 CV a 7200 giri, e ancora una volta, grazie all' abilità del tecnico modenese, univa le sue ottime doti a costi di produzione contenuti. La direzione Cagiva si dimostrò colpevolmente disinteressata  a questo nuovo propulsore, rivelando così le proprie intenzioni. Per approfondire l'argomento vi invito a leggere questo bell'articolo apparso sul n° 86 di Motociclismo (Ottobre '99):

 

 

nel quale potrete anche trovare l'affascinante storia dei due prototipi sovralimentati progettati da Lambertini.

Franco Lambertini, resosi conto dello scarso interesse profuso da parte della nuova proprietà verso la Morini, dopo la trasformazione della fabbrica di via Bergami in reparto di engineering e a distanza di poco tempo la sua successiva chiusura, declinò l'offerta di passare tra le maestranze Ducati, e mise il suo genio a disposizione della Piaggio Gilera. Siamo quindi arrivati ai nostri giorni quando, il marchio abbandonato nelle cantine della Ducati, che nel frattempo è stata ceduta dai Castiglioni al gruppo americano TPG , viene spolverato e ceduto alla Morini Franco Motori, dove nel frattempo è approdato anche l'artefice dei più recenti successi Morini, Franco Lambertini. Con questa buona notizia noi tutti appassionati speriamo di rivedere presto, anche se siamo consapevoli delle difficoltà presenti soprattutto per la mancanza attuale di una rete commerciale che si possa occupare della distribuzione, le nuove Moto Morini.

 

 

La leggenda continua.....

 

Bologna, 4 December 2003

La Moto Morini ha riacceso i Motori !!!!

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